NAUFRAGIO

Affinché non si ripeta più

 

pagina a cura di A. Pereira         



Terminata appena un mese dopo l'incidente, questa analisi degli eventi è a firma di tutti i 6 superstiti, ma è il frutto delle brillanti capacità analitiche di Pietro Pertici, che nel momento in cui maggiore era l'esigenza di riposo a seguito del trauma vissuto, già aveva una chiara visione delle cause e delle responsabilità dell'incidente.





AFFINCHÉ NON SI RIPETA PIÙ

Torino, 29 sett. 1991

Un imperativo morale agita i pensieri di noi sopravvissuti alla tragedia di Palawan nelle Filippine: CAPIRNE IL PERCHÉ, AFFINCHÉ UNA COSA SIMILE NON ABBIA A RIPETERSI PIÙ NEL FUTURO.

La dimensione della tragedia rende senz'altro ancora più insopportabile l'idea che una bella vacanza/viaggio possa trasformarsi in una strage che spezza in un tragico frangente ben nove vite umane, ma l'esigenza di capire fino in fondo il perché della sciagura muoverebbe i nostri pensieri anche se solo uno dei partecipanti al viaggio vi avesse perso a vita.

AVVERTIMENTO: in questa nostra dolorosa ricerca intendiamo evitare qualsiasi rischio di suscitare, sulle pagine della rivista o altrove, ogni genere di discussione accademica intorno alla validità o meno dei viaggi/avventura. Una discussione del genere finirebbe per spostare tutta l'attenzione su questioni astruse, ed incoraggerebbe oziose contrapposizioni fra gli entusiasti incondizionati della formula "Avventure nel Mondo" e coloro che, per motivi personali anche diversi, possono esserne rimasti delusi. Un altro rischio da evitare è quello di una inutile e fuorviante disputa tra i simpatizzanti di vari capogruppo, più o meno dotati del "fascino del leader", e coloro che, invece, nei confronti di qualche capogruppo hanno maturato motivi di risentimento o sfiducia.

A questo scopo vogliamo precisare che noi ci consideriamo tutti dei veterani di A.M., con cui abbiamo fatto, chi più chi meno, molti viaggi. Quindi non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti di un modo di viaggiare che da anni preferiamo rispetto ad altri.

Sgombrato Il campo dai possibili equivoci di questo o altro genere, a noi interessa mettere a fuoco e segnalare quegli elementi che sono risultati determinanti all'esito tragico della vicenda, e che sono derivati da scelte umane: ERRORI, IMPRUDENZE, SCELTE PIÙ O MENO CONSAPEVOLI FATTE DA TUTTI, O DA ALCUNI PARTECIPANTI, EVENTUALI IMPOSIZIONI DA PARTE DEL CAPOGRUPPO ACCETTATE PIÙ O MENO PASSIVAMENTE DAGLI ALTRI.

Certamente non sono mancati elementi di fatalità, ma il nostro obiettivo resta quello di individuare tutto ciò che è dipeso dalla volontà e dall'errore umano e che, in future analoghe situazioni, possa e debba essere evitato.

Purtroppo in questa analisi è necessario parlare anche di coloro che sono tra le vittime, e, in particolare, del capogruppo Luigi Andrusiani. Anche questo aspetto richiede immediatamente alcune ulteriori precisazioni per fugare in partenza qualsiasi spiacevole malinteso: NOI TUTTI ABBIAMO STIMATO LA PERSONA DI GIGI, ED INTENDIAMO RISPETTARNE LA MEMORIA, che è quella di un uomo intelligente, dotato di una notevole carica di simpatia e di grande comunicativa, che gli permettevano di porsi come costante animatore del gruppo. Oltre a ciò, egli si è dimostrato un capo gruppo attivissimo e pienamente all'altezza del suo compito. Era certamente, e senza retorica, uno dei migliori capogruppo da noi conosciuti.

Tutto questo, però, non può esimerci dal rilevare quelle eventuali debolezze o errori che hanno influito sulla tragedia che vogliamo analizzare. Resta da vedere quanta parte degli errori sia imputabile alla sola persona, e quanta sia riconducibile ad un deviante concetto del ruolo "potere-irresponsabilità" del capogruppo che può essersi, col tempo, alimentato ed incoraggiato nell'ambiente di Avventure nel Mondo.

Se non riflettessimo su questo delicato aspetto, vanificheremmo il solo nostro scopo, che è e resta quello DELLA MASSIMA SICUREZZA dei futuri viaggiatori di A.M.

Tutto ciò premesso, ci sembra indispensabile una brevissima cronaca dei fatti che hanno preceduto il tragico trasferimento del gruppo dall'Embarcadero al villaggio turistico sull'isola di Pangalusian.

Eravamo giunti in volo da Manila a Puerto Princesa nella prima mattina di lunedì 26/8/91.Partenza dall'aeroporto a bordo di una jeep noleggiata sul posto. Secondo il programma, avremmo dovuto arrivare all'Embarcadero verso metà pomeriggio. Là avremmo dovuto passare la notte, per poi imbarcarci l'indomani mattina verso Pangalusian (circa tre ore di navigazione).

Al contrario, ancor prima di iniziare il viaggio in jeepney, il capogruppo espresse ad alcuni di noi la sua intenzione di evitare il pernottamento per partire subito e raggiungere Pangalusian quella sera stessa, senza precisare le circostanze (condizioni del mare, ore notturne ecc.), e con l'aria di una cosa semplice e senza problemi. Per la verità non cercammo di approfondire la portata pratica della decisione, e non ci rendemmo conto che avremmo navigato in parte col buio, e neanche che il percorso prevedeva un tratto di mare aperto, e quindi insidioso in caso di burrasca monsonica. Comunque acconsentimmo in modo piuttosto distaccato, suggerendogli di interpellare anche tutti gli altri. Questo suggerimento era motivato dal fatto che la sera prima, a Manila, si erano verificati motivi di tensione tra Gigi e alcuni partecipanti circa il modo di passare le ore che precedevano il check-in del volo per Puerto Princesa, previsto per le 4 del mattino. In pratica la maggior parte del gruppo aveva respinto la proposta di Gigi di passare la notte in aeroporto, ed aveva preferito andare in albergo e dormire qualche ora. Gigi non mancò di manifestare il proprio disappunto. Questo precedente ha forse finito col pesare sulle successive decisioni, quasi come un debito di mancata "obbedienza" al capo.

Da successive riflessioni, noi superstiti abbiamo verificato che Gigi non aveva interpellato tutti i partecipanti sulla decisione di anticipare la traversata. Ne deriva che, mentre alcuni di fatto non si sono opposti alla variazione del programma, altri non ne erano stati neppure informati.

Purtroppo a questa prima modifica se ne è aggiunta un'altra, assunta dal capo senza neppure mascherarla con una parvenza di consultazione: una volta giunti all'Embarcadero dove avremmo dovuto trovare la barca suggerita dalle relazioni di viaggio in possesso del capogruppo, Gigi ci ha invitato ad attenderlo sulla jeepney, e si è recato sulla riva del fiume per contattare il barcaiolo, e concordare il prezzo e le modalità d'imbarco. Poi è tornato sollecitandoci a fare i preparativi, e comunicandoci una notizia senz'altro negativa, e una sua decisione presa lì per lì senza consultarci. La notizia era che la barca che avremmo dovuto prendere era in avaria, e il relativo barcaiolo non era reperibile (o affidabile).Gigi aveva pertanto contattato un altro barcaiolo, che disponeva di una barca un po' più piccola, ed aveva concordato con lui l'immediata partenza. Poi ci avvertì che ci saremmo trovati in condizioni simili a quelle del precedente trasferimento in barca da Batangas a Puerto Galera, sull'isola di Mindoro. In quella circostanza, avendo perduto, a causa del ritardo, il traghetto di linea, facemmo la traversata su una piroga a bilanciere noleggiata sul posto. La traversata, circa tre ore, non fu piacevole, sbattuti e infradiciati (compreso i bagagli) dalle onde e dalla pioggia. Allora ci dicemmo che non avremmo più accettato una soluzione affrettata e poco intelligente. E invece ci siamo caduti nuovamente senza obiezioni, nonostante la barca propostaci fosse ancora più piccola. In compenso, ci assicurava Gigi, la piroga aveva una stiva coperta dove avremmo tenuto i bagagli all'asciutto. Praticamente tutti accettammo e tutti ci facemmo corresponsabili della scelta fatta.

Saliti a bordo, qualcuno si è reso conto che la barca era:

  • INSUFFICIENTE PER IL NUMERO DI PERSONE DA TRASPORTARE. Si è infatti constatato che la barca era stata recentemente dotata di due panchine con la vernice ancora fresca, sulle quali poterono sedersi circa dieci persone. Da ciò si è detto che aveva una capienza per dieci passeggeri. Forse la vera portata della barca era addirittura minore, e comunque il nostro gruppo si mostrò subito eccedente, dal momento che 5 o 6 dovettero sedersi sul coperchio del vano motore. A ciò si aggiunga il nostro bagaglio e i due barcaioli.

  • PRIVA DI STRUMENTI DI SALVATAGGIO E COMUNICAZIONE: nessun tipo di salvagente a bordo, nessuno strumento di segnalazione, niente radio.

Questi dubbi però non sono stati espressi ad alta voce, e nonostante tutto siamo partiti.

C'è forse bisogno di altro per dimostrare quanti errori sono stati fatti, e tutti tali da rendere catastrofico anche il più banale incidente? Ci siamo resi conto dopo, a tragedia avvenuta, che si sarebbero dovute noleggiare almeno due barche di quella dimensione, sia per rientrare nella reale capienza, sia per scortarsi a vicenda. Inoltre nessuno ha informato, o potuto informare, i nostri il villaggio turistico di Pangalusian del cambiamento di programma e della partenza anticipata. Eravamo infatti attesi per la mattina successiva. Certo è che se avessimo potuto avvertirli, essi avrebbero notato il ritardo ed avrebbero senz'altro organizzato una spedizione di soccorso con le grosse imbarcazioni di cui dispongono, come del resto hanno tentato di fare il giorno successivo quando, troppo tardi, sono stati Informati del fatto che nella notte vi era stato un naufragio nei pressi della baia di Kiminawit.

In conclusione oggi, a mente fredda, dobbiamo constatare che, al di là della sfortuna che qualcuno può comodamente invocare, il naufragio di Palawan si è potuto verificare a seguito e in conseguenza di una numerosa serie di decisioni avventate e di negligenze che riconducono proprio agli errori umani le principali cause della tragedia.

Che tali errori potevano essere evitati lo testimonia Il comportamento tenuto dal gruppo che ha effettuato lo stesso viaggio nel mese di luglio, come ha dichiarato S. Botti a La Repubblica" del 29/8/91. Egli ha raccontato: "Anche il mio gruppo ha trovato il mare grosso al largo di Tay Tay, abbiamo avuto paura. La piroga era troppo carica, e i fortunali sono inevitabili in questa stagione. Ma nessuno ci aveva avvertito dei rischi. Al ritorno, così, abbiamo scelto un'imbarcazione più grande, sperando fosse anche più sicura, e ci siamo fatti scortare da altre due per non fare il tragitto da soli.".

Alla luce di queste conferme diventa obbligatorio chiedersi:

  • c'era scritto niente di tutto ciò nelle relazioni fornite al capogruppo?

  • in caso affermativo, perché ciò non è stato riferito a noi partecipanti?

  • in caso negativo, perché tali precedenti non sono stati segnalati (anche telefonicamente poco prima della partenza) a Luigi Andrusiani e agli altri gruppi in partenza in quel periodo?

Della conversazione che Gigi disse a qualcuno di noi di aver avuto la sera precedente la partenza per Pangalusian con il capogruppo che da là stava tornando, le cose riportate, o comunque a noi riferite, erano "abbiamo avuto paura" e "vi bagnerete, ma i bagagli stanno all'asciutto". Questo può essere interpretato in vari modi, ma di segnalazioni di pericolo oggettivo, o consigli di viaggiare su più di un'imbarcazione non ce ne sono stati, o a noi non risulta ci siano stati.

Ma facciamo una ulteriore precisazione: non abbiamo alcuna intenzione di attribuire le responsabilità dell'accaduto a una sola persona, tanto più che quella persona, purtroppo, non può più dire la sua. Ci teniamo a riaffermare che ci sentiamo corresponsabili degli errori compiuti, se non altro per non aver preteso dal capogruppo maggiori informazioni e maggior consapevolezza circa quello che ci attendeva. Detto questo però, non possiamo sottacere la superficialità e, soprattutto, l'autonomia con cui il capogruppo ha ritenuto di non informarci sulle caratteristiche del viaggio di trasferimento, essendo anche consapevole che alcuni di noi non sapevano neppure nuotare.

Quello che ora entra in discussione è un malinteso spirito dell'avventura, in base al quale certi partecipanti e certi capigruppo sono indotti a considerare "normale" qualsiasi tipo di imprudenza, e quindi di rischio.

Spieghiamoci meglio: tutti sappiamo che lo "spirito di A.M." comporta spesso condizioni di disagio nel dormire, nel mangiare, nella scomodità dei mezzi di trasporto, negli spostamenti a piedi, e ciò entra certamente nella normalità di questo genere di viaggi, e tutti noi le abbiamo accettate, dal momento che in molti paesi è l'unico modo disponibile per entrare in contatto il più possibile con certe realtà locali. Però NON DEVE E NON PUÒ rientrare nel cosiddetto "spirito d'avventura" l'azzardo sulla sicurezza dei partecipanti. D'altra parte gli stessi programmi di A.M. giustamente non contemplano, e quindi escludono, l'ipotesi di rischio per la vita delle persone.

Allora viene da chiedersi: come sono stati possibili tanti errori, considerata la sostanziale buona fede e la mancanza di vocazioni suicide del capogruppo? Non ci sarà lo zampino di quel malinteso "spirito d'avventura" a cui accennavamo prima?

E Avventure nel Mondo non c'entra niente in tutto questo?

Quante volte, nei precedenti viaggi, c'è capitato di sentirci dire, di fronte a un pulmino evidentemente troppo piccolo per tutti e alla nostra richiesta di prenderne due: "E poi Vittorio chi lo sente?"

Quante volte ci è stato ripetuto che la "cassa viaggi" deve bastare fino alla fine? Quante volte ci siamo sentiti dire: "Se non ti va bene la prossima volta viaggia con Francorosso"?

È questo lo spirito di A.M. che deve morire.

L'organizzazione centrale di A.M, stando alla stampa di quei giorni, ha spesso e forse troppo precipitosamente invocato la sfortuna, scaricando tutti gli errori sul gruppo.

Noi testimoni sopravvissuti a quella atroce esperienza siamo in grado di dimostrare come stanno effettivamente le cose e di chiamare ciascuno ad assumersi le proprie responsabilità.

In questo senso neppure la direzione di A.M. può mettere la propria coscienza al riparo da dubbi e responsabilità. Essa è tenuta a verificare qual è la reale applicazione della formula che, in teoria, affida ai gruppi le scelte sui modi di viaggiare.

La direzione di AVVENTURE NEL MONDO non può far finta di non sapere che:

    1) è A.M. che sceglie ed impone il capogruppo, a cui garantisce la gratuità del viaggio, con i soldi del partecipanti;

    2) nella descrizione delle caratteristiche dei viaggi non sono MAI segnalati rischi per la sicurezza dei viaggiatori, e che gli avvertimenti riguardano soltanto la fatica e i disagi relativi ai trasporti e ai pernottamenti;

    3) nella scheda relativa al viaggio nelle Filippine, alla voce "difficoltà" si può leggere questo avvertimento: "brevi trekking a piedi";

    4) non a caso ai viaggi di A.M. aderiscono da sempre, insieme a pochi boriosi e sciocchi Rambo, tantissime persone normali, impiegati, insegnanti, casalinghe, gente che sa nuotare e gente che non sta neppure a galla; tutti comunque desiderosi di fare una vacanza genuina in parti del mondo a volte poco conosciute;

    5) che da tale partecipazione di massa sono scaturite le fortune di VIAGGI NEL MONDO S.r.l..

Per tutti questi motivi non ammettiamo che A.M. si tiri fuori da ogni responsabilità, facendo intendere, come abbiamo spesso letto in certe assurde corrispondenze, che i capogruppo non dipendono da nessuno, che possono comportarsi come meglio credono, liberi da ogni responsabilità verso i partecipanti, e che i partecipanti stessi devono comunque ritenersi responsabili di ciò che capita loro.

TUTTO QUESTO NON VA BENE!

VOGLIAMO AFFERMARE CON TUTTA LA NOSTRA FORZA CHE QUESTI ASPETTI DELLA FORMULA "A.M." DEVONO ESSERE RAPIDAMENTE MODIFICATI E CORRETTI.
IN PARTICOLARE DEVE ESSERE CORRETTO L'INDIRIZZO MORALE ED IL SENSO DI RESPONSABILITÀ DELLA ORGANIZZAZIONE A.M. E DEI CAPOGRUPPO CHE, COMUNQUE, LA RAPPRESENTANO DI FRONTE AL GRUPPO.

RIPETIAMO CHE SIAMO INTERESSATI AL MANTENIMENTO DELLA FORMULA FONDAMENTALE DI AVVENTURE NEL MONDO E, PROPRIO PER QUESTO, INTENDIAMO METTERNE IN DISCUSSIONE LA PRETESA TOTALE DERESPONSABILIZZAZIONE.

IN PRATICA A.M. HA IL DOVERE DI ORIENTARE I CAPOGRUPPO AD ESSERE EFFETTIVAMENTE RISPETTOSI DI COLORO CHE LI FINANZIANO: ESSI DEVONO ESSERE CARICATI DEI DOVERI DI INFORMARE SEMPRE PREVENTIVAMENTE E DETTAGLIATAMENTE I PARTECIPANTI DI TUTTE LE CARATTERISTICHE DEL VIAGGIO DA LORO CONOSCIUTE, E DI TUTTE LE SCELTE ALTERNATIVE CHE DI VOLTA IN VOLTA SI PRESENTANO. SOPRATTUTTO ESSI DEVONO SEMPRE METTERE IN GRADO I COMPAGNI DI VIAGGIO DI CONOSCERE LE CONDIZIONI RELATIVE ALLA LORO SICUREZZA, E SU QUESTO ASPETTO NESSUNO PUÒ DECIDERE PER LORO.

IL RUOLO DEI CAPOGRUPPO NON PUÒ RIDURSI, COME SPESSO ACCADE, A PREDISPORRE I BIGLIETTI E GLI ORARI DEGLI SPOSTAMENTI. TUTTO CIÒ DEVE ESSERE COMPLETAMENTE RIESAMINATO, E A.M. DEVE STABILIRE CON TUTTI I CAPOGRUPPO UN RAPPORTO DI ORIENTAMENTO CHE FACCIA ASSUMERE LORO IL NECESSARIO SENSO DI RESPONSABILITÀ, CHE ABBIA COME IMPEGNO PRIMARIO LA CONSAPEVOLEZZA PIENA DEI COMPAGNI DI VIAGGIO SU TUTTI GLI ASPETTI DEL VIAGGIO STESSO E, IN PRIMO LUOGO, SULLE QUESTIONI DELLA SICUREZZA.

I nove morti di Palawan rivendicano che si operi concretamente in una nuova direzione, e noi, come superstiti ed eredi morali di questa esigenza, chiediamo che A.M. promuova al più presto una riunione di tutti i capogruppo e di potervi partecipare.
 
 

Una riflessione secondaria a margine delle urgenti questioni già trattate:

IL CALENDARIO DEI VIAGGI NELLE FILIPPINE e in tutte quelle zone in cui, in certi periodi dell'anno, la natura si manifesta con inaudita violenza.

Una considerazione di carattere generale va fatta sulle condizioni meteorologiche in cui il viaggio si è sviluppato. Salvo sporadiche ore di sole, il viaggio si è svolto in un susseguirsi di tempeste monsoniche, che ci hanno spesso costretto a sostare più del previsto in località che, secondo Il programma, avrebbero dovuto costituire solo delle basi di partenza per effettuare escursioni e trekking all'interno delle isole. Le escursioni ne sono risultate abbreviate e realizzate in modo affrettato e poco piacevole. Le visite a villaggi, etnie locali e a luoghi potenzialmente stupendi sono state fatte tra diluvi e raffiche di vento. Tutto il viaggio, a prescindere dal suo tragico epilogo, è risultato rovinato anche nelle sue prerogative essenziali. Tutti noi si era già viaggiato in zone tropicali nel periodo delle piogge, ma si è sempre trattato di sporadici acquazzoni che si risolvevano nel giro di poche ore. Nessuno di noi si aspettava certo una natura così violenta, con piogge torrenziali anche per dieci giorni consecutivi. E questo non può NON risultare dalle relazioni precedenti, e ci induce a fare una valutazione sul calendario di certi viaggi. A nostro giudizio i viaggi nelle Filippine, e in tutta l'area tormentata da tempeste monsoniche, dovrebbero essere evitati nel mese di Agosto. In ogni caso si devono avvisare i potenziali viaggiatori che in questo periodo dell'anno un viaggio in queste zone va incontro agli inconvenienti descritti. C'è quindi l'esigenza di avere indicato, per ogni viaggio, le condizioni meteorologiche del paese a cui il programma fa riferimento, e non solo una semplice indicazione delle temperature previste.

Questa è una lacuna che altre agenzie di viaggio hanno da tempo coperto, e a cui anche A.M. dovrebbe provvedere.

Sappiamo che quest'anno diversi viaggi di A.M. (Tanzania, Kenya, Namibia) sono stati funestati da sciagure e da incidenti anche mortali. Noi non intendiamo far leva anche su questi per sostenere le nostre tesi, poiché non conosciamo né le cause né la dinamica di quegli avvenimenti. Pretendiamo però di essere considerati gli autentici testimoni della tragedia a cui abbiamo partecipato con atroci sofferenze, e che ci segnerà per il resto della vita.

Da questa pretesa traiamo lo spunto e la volontà per dare un contributo alla massima limitazione di eventi simili in futuro.




    PIETRO PERTICI
    SIMONETTA PO
    EMANUELA FANTONI
    FLAVIO FALCO
    GIUSEPPE POLVERINI
    GIANNI BERNARDI
     

    Torino, 29/09/91.