IL RAID SULLE MINE

I risvolti giudiziari


di A. Pereira         



Nel mese di febbraio del 1994, al loro rientro in Italia sette partecipanti al raid sporgono denuncia penale contro l'agenzia Viaggi nel Mondo s.r.l.

L'azione giudiziaria viene intrapresa solo da una parte dei partecipanti per questioni di praticità, ma la quasi totalità del gruppo esprime appoggio e solidarietà per l 'iniziativa.

Nella denuncia, le ipotesi di reato contestati all'agenzia V.n.M. sono: omicidio colposo, tentato delitto, et al. Il tutto con l'aggravante di avere agito nonostante la previsione dell'evento. Alla denuncia vengono allegati il telex del Ministero degli Esteri e il fax di Sergio Scarpa. Vengono inoltre allegati i "fogli notizie" e le schede di partecipazione al raid.

In merito a questi "fogli notizie" è importante precisare che alcuni dei querelanti hanno aderito al viaggio a condizioni leggermente diverse rispetto al programma:

  • Dovendosi trattenere a Douala, Sergio Cicala e Katy Ylitalo non acquistarono il volo di ritorno, prevedendo così di staccarsi dal gruppo in Camerun alla conclusione del raid.


  • I coniugi Manfredini e i coniugi Balmamion avrebbero lasciato il gruppo a N'djamena, capitale del Ciad. (Dal luogo dell'incidente mancavano oltre 1.000 km per raggiungere N'djamena). Anche loro non acquistano il volo di ritorno.

In pratica, le sei persone sopra menzionate avevano acquistato il pacchetto di viaggio senza una parte dei trasporti. È chiaro però che pagarono ed avevano quindi diritto al resto dei servizi necessari allo svolgimento del raid: trasporto in traghetto del mezzo e del partecipante, fuoristrada di appoggio con guide, permessi, assistenza meccanica, l'uso di tende e cucina da campo, viveri per 15 giorni ecc. ed erano integranti del gruppo a pieno titolo. Più avanti vedremo perché è importante specificare questo aspetto.

Durante l'inchiesta, il Pubblico Ministero Dott. Vincenzo Roselli interrogherà V. Kulczycki in veste di imputato, dopo di che (per una questione di competenza) la pratica passerà ad altro ufficio, arrivando nelle mani del Dott. Francesco Caporale.

Benché la deposizione di Kulczycki sia contraddetta dalla versione dell'accaduto esposta nella denuncia e soprattutto dalle prove documentali allegate, indifferente a queste palesi incongruenze e senza ascoltare come testimone neanche uno dei partecipanti per appurare l'autenticità delle dichiarazioni verbalizzate dall'imputato, l'intero impianto difensivo viene sorprendentemente accettato integralmente dal Dott. Caporale, il quale sulla base di queste dichiarazioni emette una richiesta di archiviazione con relativa chiusura del caso.

La motivazione dell'archiviazione è la seguente:

"Il Cicala e la sua compagna, il Balmamion e sua moglie, il Manfredini e sua moglie avendo concordato condizioni diverse, non facevano parte del gruppo quindi la Viaggi nel Mondo non era responsabile nei loro confronti.

Tutto questo non equivale ad una sorta di licenza di uccidere ma libera l'agenzia da qualsiasi responsabilità."

Gli atti probatori che consentono al PM di emettere questo inaspettato decreto sono esclusivamente le dichiarazioni verbalizzate dall'imputato (contraddette dalle prove documentali) e specificatamente:

A domanda risponde: Il Cicala e la sua compagna deceduta, avendo concordato condizioni diverse, non prendevano parte alla vita e alle regole del gruppo dal quale si ritenevano autonomi ed indipendenti.

In realtà Sergio Cicala e la sua compagna tragicamente scomparsa avevano concordato di fermarsi a Douala (ossia: alla fine del raid) rinunciando unicamente ad usufruire del volo di ritorno e quindi:

  • Erano parte integrante del gruppo come qualsiasi partecipante può testimoniare.


  • Prove documentali come la scheda di partecipazione, il foglio notizie inviato ai partecipanti dall'agenzia, una lettera dell'agenzia all'assicurazione, dimostrano inconfutabilmente che facevano parte del gruppo a pieno titolo.


  • Prima che la mina uccidesse Katy Ylitalo, già quindici motociclisti e la vettura di Manfredini erano transitati per quel punto. Anche questo testimonia come Cicala e la compagna fossero esattamente nel mezzo della colonna di veicoli, integranti della carovana come gli altri.

Un'altra delle affermazioni verbalizzate dall'imputato ha suscitato indignazione, ma è stata tranquillamente accettata: poiché era incontestabile che l'agenzia fosse a conoscenza del fatto che la pista tra Seguedine e Zouar era minata, alla domanda se i partecipanti fossero stati avvisati di questo, Kulczycki ammette che il gruppo non era stato avvertito "in Italia", ma aggiungeva:

A domanda risponde: Prima di partire sulla pista minata il gruppo era stato avvertito dai militari nigerini dei rischi e che occorreva seguire la guida.

Questo è falso. I partecipanti sostengono che furono chiamati dai militari nigerini per questioni burocratiche e non parlarono di zone minate né di altri pericoli. E su questo aspetto sono più credibili i partecipanti per due motivi:

  • Nella pagina Due partecipanti raccontano viene descritto il comportamento anomalo tenuto quel giorno dalle guide. (Inspiegabilmente, anziché stare in testa al convoglio, proprio quel giorno si misero in coda a chiudere la carovana. I partecipanti ne rimasero stupiti ma se avessero sospettato la presenza di mine, chiaramente non avrebbero mai accettato di fare da apri pista.)


  • È insostenibile che tutti i quaranta partecipanti fossero degli imbecilli con vocazioni suicide.

Infine, nel decreto del Dott. Caporale c'è quella che sembra essere una "dimenticanza" inspiegabile:

"Il Cicala e la sua compagna, il Balmamion e sua moglie, il Manfredini e sua moglie […] non facevano parte del gruppo…"

Le persone citate sono solo sei, di cui due (i coniugi Balmamion) non sono fra i firmatari della denuncia. Non vengono quindi menzionati ben tre querelanti. Sarà un caso? Vediamo: queste discutibili "condizioni diverse" costituiscono l'unico cavillo che motiva l'acrobatica archiviazione, ma non essendo applicabile ai tre rimanenti querelanti, questi vengono semplicemente ignorati dal P.M. Caporale. Una "dimenticanza" che lascia molto perplessi. Se il reato di omicidio colposo era applicabile solo alla morte della sfortunata Katy, la denuncia contemplava però anche la truffa e il tentato delitto, e questi reati erano contestabili dalla totalità dei partecipanti, e quindi anche dai rimanenti tre querelanti che "facevano parte del gruppo".

In conclusione: l'agenzia Viaggi nel Mondo organizza un raid lungo un percorso minato, ma per la legge italiana è innocente; Sergio Cicala, la cui vita è tragicamente segnata dal dolore per la morte della giovane compagna, dalle ferite riportate e dal trauma vissuto, si vede beffardamente attribuita dal Dott. Caporale anche l'ingiuria della responsabilità morale della disgrazia. Disgrazia, è bene ricordarlo, sicuramente evitabile (come ampiamente documentato in queste sito). Ma se il capitolo penale è chiuso (il processo civile è tuttora in corso), sorge spontaneo chiedersi se il Sig. Kulcyzki senta un peso sulla coscienza per non aver nemmeno avvisato i partecipanti che la pista era minata. Chissà se, di quando in quando, nei momenti di solitudine, gli capiterà di pensare ad una sorridente ragazza di 25 anni che un suo avvertimento avrebbe certamente salvato; chissà se gli capiterà di immaginarsela quando, dopo ore di agghiacciante lucida agonia, moriva nel freddo della notte sahariana assistita da disperati impotenti compagni. Sentirà rimorso per tutto il dolore che la sua sventurata scelta di tacere quell'informazione preziosa ha causato? La coscienza appartiene ad una sfera personale assolutamente privata, ma quali saranno i suoi pensieri nel rileggere la circolare inviata ai partecipanti pochi giorni prima della partenza, dove tace sul pericolo mine, ma avvisa i partecipanti di non scordare "fiammiferi, uno specchietto, ciotola e pesate"?

Grazie, Kulcyzki, per questa gentilezza. Se nessuno si è ricordato di farlo, la ringraziamo noi.




Passando ora dal caso specifico ad uno generale, suscita preoccupazione il precedente giuridico secondo cui: chi non acquista tutti gli elementi di un pacchetto di viaggio deve considerarsi, usando le parole del Dott. Caporale, "non facente parte del gruppo" liberando così "l'agenzia da qualsiasi responsabilità" penale e civile. L'enormità di un tale principio, può portare al paradosso che se un cliente non compra un cappellino con lo stemma dell'agenzia, ha "concordato condizioni diverse" rendendo a questo modo l'agenzia "non responsabile nei suoi confronti". Più che un cavillo giuridico appare come una clausola vessatoria che poco si concilia con i principi di civiltà giuridica di uno stato di diritto.